Nell’era del cone beamArticolo scritto da Antonio Campagni e Biagio Di Dino e pubblicato sul Notiziario di radioprotezione dell’Esperto Qualificato, ANPEQ, n° 87-88 del 2012.
La CBCT (Cone Beam Computed Tomography) rappresenta nel campo della radiologia dentale e maxillo-facciale una tecnologia nuova destinata a diffondersi ampiamente nei prossimi anni sia perché consente di ottenere immagini tridimensionali (3D) di alta qualità con erogazione di dose al paziente generalmente inferiore a quella della TC convenzionale, sia perché è accessibile, oltre che al radiologo, al dentista che può detenere e usare, seppure con i limiti stabiliti dalla legge, gli apparecchi radiologici che ne sono dotati.I radiografici Cone Beam si differenziano da quelli usati per la tomografia computerizzata convenzionale (CT o MSCT) perché emettono fasci di raggi X che hanno la forma conica anziché a ventaglio. Il fascio conico attraversa il paziente e colpisce il rivelatore di ampia superficie (flat panel); il diametro del cono varia da pochi centimetri a 30 cm circa e con un solo passaggio intorno alla testa del paziente cattura qualche centinaio di immagini base. Queste immagini vengono elaborate dal computer e trasformate in un volume (TC volumetrica) il cui elemento base è il voxel (pixel 3D). Più piccolo è il voxel, più l’immagine è definita. Da questo volume possono poi essere estratte tutte le immagini che vogliamo con l’orientamento più idoneo, senza distorsioni; il voxel è infatti isotropico, essendo uguali la sua larghezza, profondità e altezza. Esistono in commercio anche apparecchi cone beam che per ridurre la dose di raggi emessi utilizzano solo la metà del fascio conico. Questa tecnologia fornisce quindi, attraverso l’acquisizione volumetrica, l’immagine 3D, che, essendo basata sull’evidenza anatomica, è un apporto prezioso e come tale è destinata ad essere usata più frequentemente dal dentista nella sua pratica clinica quotidiana e in particolare nella pianificazione delle riabilitazioni protesiche orali che prevedono gli impianti osteointegrati sempre più richiesti dalla popolazione. La diffusione della tecnologia cone beam è inoltre favorita dal confronto delle immagini volumetriche 3D con le immagini 2D tipiche dell’indagine radiologica odontoiatrica, la radiografia endorale e la ortopantomografia, che fa emergere la fallacità di queste ultime nel fornire indizi utili alla formulazione di piani terapeutici sicuri, facilitando fra l’altro l’insorgere del contenzioso medico-legale. La CBCT, come tutte le indagini radiologiche, richiede l’utilizzo di radiazioni ionizzanti che, se usate indiscriminatamente, possono essere dannose per l’essere umano e spesso il solo rispetto delle leggi vigenti in fatto di radioprotezione non è sufficiente alla tutela dei pazienti. Occorre pertanto promuovere l’obiettivo della legge, cioè la salvaguardia dei pazienti e per ciò è necessario che il medico odontoiatra, autorizzato all’uso degli apparecchi cone beam, acquisisca una cultura che unisca la conoscenza tecnica alla coscienza deontologica. La European Commission nel volume Radiation Protection 136, anno 2004, pubblica le linee guida europee sulla radioprotezione in radiologia dentale. In esso si afferma che usare apparecchiature dentali per radiografie endorali con il collimatore a sezione rettangolare 30mmX40mm invece del collimatore a sezione circolare comporta la riduzione del 50% della dose al paziente. La maggioranza degli apparecchi radiologici endorali venduti è dotata di collimatore circolare ed è perfettamente a norma: la legge infatti non impone che vengano usati solo collimatori con fascio rettangolare perché nella pratica radiologica odontoiatrica anche il fascio circolare può avere una sua giustificazione riducendo l’errore di centratura. Sta quindi al dentista la scelta del collimatore più idoneo al caso specifico, ma per questo occorrono la conoscenza, la coscienza e quindi la volontà di ridurre al minimo la dose al paziente oltre al rispetto di quanto prescritto dalla legge. Nei prossimi anni la popolazione sarà sottoposta ad un quantitativo di esami radiologici, effettuati a scopo odontoiatrico, superiore a quello attuale soprattutto nella prospettiva di un incremento di richieste di implantologia orale per la quale l’esame 3D non solo è utile, ma addirittura consigliato e previsto, con le dovute limitazioni, dalle attuali linee guida internazionali che sembrano identificare nell’equazione sicurezza=diagnosi=indagine radiologica 3D la chiave del successo. Malattie come la cataratta, l’eritema cutaneo e la riduzione della fertilità, solo per citarne alcune di esempio, necessitano, per manifestarsi, di una dose soglia sotto la quale esse non si manifestano ed è poco probabile che quella dose possa essere somministrata nell’ambito della radiologia diagnostica odontoiatrica. Tuttavia non possiamo né dobbiamo trascurare quanto emerge da studi epidemiologici accreditati che evidenziano un aumento del rischio di tumori al cervello, alle ghiandole salivari e alla tiroide a causa delle radiografie dentali. Questi effetti non hanno una dose di radiazioni soglia sotto la quale essi non si sviluppano, ma devono essere considerati come una possibilità (effetto stocastico), un rischio direttamente proporzionale alla dose di radiazione ricevuta. Il periodo di latenza tra l’esposizione ai raggi x e l’eventuale diagnosi di tumore può essere di molti anni. La Sedentexct project ha pubblicato nel 2011, tabelle dove poter vedere la dose efficace degli esami radiologici convenzionali e quella degli esami cone beam espressa in μSv Queste tabelle dimostrano che la TC convenzionale rappresenta sicuramente un rischio che oggi va sempre più considerato soprattutto per l’incremento del suo uso ai fini implantologici. La radiografia dentale invece è associata ad una dose bassa di radiazioni e non sembrerebbe rappresentare un rischio per il paziente, se usata secondo criteri di giustificazione e ottimizzazione. La dose di radiazioni e il rischio connesso alla CBCT sono generalmente più alti di una radiografia endorale e di una panoramica ma molto più bassi di una TAC convenzionale a scopo diagnostico. Purtroppo si sta diffondendo tra i dentisti la convinzione erronea che il termine Cone Beam sia sinonimo di emissione di radiazioni trascurabile e si confonde la “minore dose” necessaria per eseguire una CBCT con la “quasi assenza”. Diventa pertanto indispensabile che il dentista acquisisca tutte quelle informazioni teoriche e pratiche, di carattere tecnico e informatico che gli consentano un uso appropriato delle apparecchiature cone beam, supportato da una coscienza radioprotezionistica. Le “raccomandazioni per l’impiego corretto delle apparecchiature TC volumetriche Cone Beam” emanate dal ministero della salute in data 10/6/2010 prevedono una specifica formazione a tale scopo, ma ad oggi non risultano ufficialmente enti culturali riconosciuti in grado di offrire questa preparazione. E’ auspicabile che anche in Italia come in Belgio si provveda all’organizzazione di corsi abilitanti non solo per i dentisti che detengono e usano le apparecchiature cone beam, ma anche per coloro che intendono semplicemente prescrivere la CBCT. Infatti il dentista che non intende essere il protagonista assoluto nel percorso diagnostico terapeutico deve essere consapevole del ruolo fondamentale del radiologo con il quale deve intraprendere un rapporto professionale vero. Bisogna abbandonare la consuetudine diffusa di accompagnare le richieste degli esami radiografici con indicazioni generiche e poco significative che di certo non aiutano il radiologo competente né ad estrapolare da tutte le informazioni quelle utili al caso specifico, né a condurre l’esame richiesto con il rispetto del principio di giustificazione e ottimizzazione. Sono da evitare le richieste generiche: “Si richiede TAC per impianti” perché equivarrebbe alla stessa richiesta generica inoltrata ad un laboratorio di analisi: “Si richiede un esame del sangue”. Sarebbe inoltre auspicabile che il dentista potesse ricevere un’adeguata istruzione sull’uso dell’apparecchio cone beam acquistato già alla consegna dello stesso; capire che molti sono i parametri che possono influenzare notevolmente sia la quantità di radiazioni assorbite dal paziente che quelle emesse dagli apparecchi cone beam è una buona premessa che aiuta a rispettare tutti quei principi che sono alla base della radioprotezione. L’uso corretto delle apparecchiature cone beam deve tener conto di diversi aspetti come la differenza tra dose emessa e dose assorbita, l’influenza dei kV e dei mA sull’immagine da elaborare e sulla dose di radiazioni, l’importanza del posizionamento del paziente durante l’acquisizione volumetrica e l’esistenza di apparecchi diversi con caratteristiche diverse, l’informazione utile contenuta nell’immagine, la differenza tra l’estetica dell’immagine e il contenuto dell’immagine. Oltre ai parametri di esposizione, rivestono primaria importanza, per la dose al paziente, la grandezza del volume e l’angolo di acquisizione. I volumi che possono essere acquisiti hanno dimensioni diverse, variabili da apparecchio ad apparecchio. Ci sono apparecchi cone beam in grado di acquisire piccoli volumi, cioè con FOV (Field of View) che inglobano solo la regione dento-alveolare, apparecchi con FOV grandi che inglobano la regione cranio facciale e infine apparecchi con FOV misti. Non è sufficiente dire Cone Beam per definire a bassa dose di radiazioni un esame radiologico CBCT; per il principio di ottimizzazione è doveroso scegliere il volume più adatto alle esigenze del quesito diagnostico, quindi il più piccolo utile. Generalmente più piccolo è il volume di acquisizione, minore è la dose di radiazioni somministrata, che comunque va valutata perché varia da apparecchio ad apparecchio. Più grande è il tempo di esposizione richiesto per ottenere un volume, maggiore è la possibilità di ottenere immagini di qualità inferiore e quindi di dover ricorrere ad un nuovo esame. Inoltre non dobbiamo dimenticare che più grande è il volume acquisito maggiore è la responsabilità del professionista che nel valutare un volume per scopi odontoiatrici può non riconoscere e quindi diagnosticare patologie generali in grado di mettere, a volte, in serio rischio anche la vita del paziente. Dovendo acquisire un apparecchio cone beam deve essere quindi ben valutato a quale ambito di applicazione è destinato. L’acquisizione del volume avviene come in una panoramica, ma la posizione della testa del paziente non è molto importante e non influenza la precisione delle elaborazioni che possono essere eseguite successivamente. Questo comporta una minore perdita di tempo e un maggior confort per il paziente che non è obbligato a rimanere in una posizione forzata con il rischio che movimenti involontari possano inficiare la qualità dell’immagine. In sintesi si può affermare che i nuovi apparecchi volumetrici cone beam consentono l’acquisizione di un intero volume di dati senza deformazione geometrica significativa e permettono di ottenere sezioni di spessore e inclinazione desiderata, ottimizzando l’utilizzo delle stesse in relazione al quesito diagnostico. Grazie alle piccole dimensioni dei voxel e alla loro geometria, forniscono delle immagini di elevata qualità e risoluzione con dosi molto basse. Si ritiene altresì di primaria importanza che il dentista utilizzatore di radiografici cone beam sia affiancato da figure professionali quali gli esperti in fisica medica e gli esperti qualificati con i quali si venga a creare un rapporto di collaborazione nuovo, diverso da quello attuale considerato generalmente una pura imposizione legislativa atta ad esigere compensi che finiscono solo per gravare sui costi finali di un prodotto senza apportare alcun vantaggio effettivo ed evidente. Lo stesso rapporto che ormai è consolidato tra dentista e odontotecnico per la costruzione di un manufatto protesico è auspicabile che nasca tra dentista, esperto qualificato ed esperto in fisica medica per la definizione della diagnosi radiologica. A tale scopo è necessario che gli esperti acquisiscano delle nozioni di carattere clinico appartenenti alla sfera odontoiatrica per trasformarle in veri e propri strumenti di aiuto per il dentista nell’espletamento di indagini radiologiche diagnostiche. Da qui la necessità di uno scambio di conoscenze utile, anzi indispensabile, per il raggiungimento dello scopo comune che è la sicurezza del paziente. In pratica è richiesto a queste figure professionali, dentista, esperto in fisica medica, esperto qualificato, di affrontare il proprio lavoro con un particolare senso di responsabilità: parole e acronimi come giustificazione, ottimizzazione, ALARA non devono essere solo espressioni astratte di una legge imposta e pertanto subita quando non avversata, ma principi necessari per raggiungere l’obiettivo comune rappresentato dalla salute del paziente. Questo obiettivo comune che è alla base delle rispettive scelte professionali è possibile solo se oltre a rispettare la legge, perché obbligatoria, riusciremo a comprenderne le ragioni e farle proprie. Solo condividendo i principi che ne stanno alla base possiamo insieme contribuire per migliorare leggi e comportamenti nell’interesse delle persone e della popolazione nella piena etica professionale. |